Perchè adottare un alveare non salverà le api

Perchè adottare un alveare non salverà le api

Quella tra impollinatori, gli uomini e le piante è una danza straordinaria. Un gioco in cui vincono tutti i partecipanti. Gli insetti, tra cui anche le api mellifere, si nutrono di nettare e polline, favorendo la fecondazione dei fiori. Insieme a uccelli particolari, come i colibrì, gli insetti si occupano della stragrande maggioranza dell’impollinazione. Agricoltura e natura dipendono da loro, è vero. E tutto accade in maniera contemporaneamente magica e intelligente; non svolazzano da un tipo di fiore a un altro; per intenderci, non volano da un pesco a melo, perché così non impollinerebbero un bel nulla. Seguono invece la danza della stessa pianta, senza commettere errori. Però chiediamoci: perchè continuiamo a sentirci dire che “dobbiamo salvare le api”? Sono davvero a rischio estinzione? E adottare un alveare ci metterà al riparo dalle conseguenze della scomparsa delle api?

Quando parliamo di impollinazione, generalmente pensiamo al ruolo svolto dalle api. Non distinguiamo però tra api selvatiche e api domestiche. Ci piace raggrupparle tutte in un solo calderone, non pensando che la zuppa di informazioni che ne uscirà sarà poco completa o trasparente. Il declino delle api non riguarda le api allevate (generalmente l’ape nera, l’ape ligustica e l’ape carnica in Italia). Questo allevamento avviene per produrre miele, polline, pappa reale, propoli – tutti ingredienti del superorganismo che è l’alveare. Trattandosi di forme di allevamento di animali selvatici, queste api dipendono dall’uomo e dal lavoro dell’apicoltore. Se qualcosa andasse storto, la mano “visibile” umana potrebbe alleviare le loro sofferenze, con interventi di recupero nei casi di estrema necessità (soprattutto in allevamento biologico). Non sono quindi le api comuni, quelle allevate o considerabili come domestiche, a dover essere salvate. Hanno anche loro i propri patimenti – cambiamento climatico, varroa e parassiti, scarsa qualità del polline e nettare, limiti alla biodiversità – ma potranno sempre contare sul lavoro degli apicoltori (che andrebbero comunque tutelati). Le gravi perdite si registrano altrove, in altre specie e sottospecie di imenotteri e apoidei. Ad esempio, i bombi – più grossi delle api, ma comunque altrettanto simpatici – sono impollinatori fondamentali per la sicurezza alimentare umana: promuovono la biodiversità, ma allo stesso tempo dipendono da essa.

COSA CONTRIBUISCE AL DECLINO?

Ci dicono che per “salvare le api” dobbiamo adottare alveari. Eppure, nonostante i nostri sforzi e il nostro impegno all’acquisto, gli impollinatori nel mondo stanno sparendo; gli apoidei sono indeboliti dalla progressiva scomparsa delle leguminose, piante con un polline altamente proteico! Erba medica, foraggio, trifoglio e crucifere lasciano spazio a monocolture intensive di soia e altri cereali. Adesso il polline agricolo è di scarsa qualità o il nettare è insufficiente. Così gli imenotteri si indeboliscono, diventando più suscettibili all’azione dei pesticidi sparati nei campi.

Possiamo dire che gli impollinatori del mondo sono esposti a rischi sempre più alti. A questo aggiungiamo un’altra conseguenza dell’intervento umano: il cambiamento climatico di natura antropica. Le api hanno una straordinaria capacità di adattamento: sanno quando è ora di smettere di bottinare e sono in grado di sopravvivere a freddi, freddissimi inverni facendo il glomere – una “palla di api” si forma tenendo al centro, cioè al caldo, le api più giovani e la regina. Le api più vecchie, quelle che comunque non arriverebbero a primavera, si dispongono all’esterno, proteggendo le altre. Sono capaci di difendersi anche dal caldo, ventilando l’alveare quando è necessario. Sono particolarmente adattabili, ma questi cambiamenti seguono il lentissimo e graduale ritmo della genetica. Mentre il riscaldamento globale, gli eventi atmosferici sempre più improvvisi, le precipitazioni violente, le estati torride e l’accorciarsi della stagione primaverile mettono a serio rischio l’adattabilità degli apoidei e la disponibilità del loro cibo in natura. Alcune specie di imenotteri poi non possono contare sulle diverse funzioni svolte dalla famiglia o sul glomere. Torniamo a parlare di bombi. I bombi comprendono 53 specie in Europa. A seconda della specie, una colonia di bombi è composta da circa 50 a 600 esemplari e da una regina. La regina è l’unica femmina fertile da cui dipende quindi la sopravvivenza della colonia. In genere tutti gli esemplari di una colonia non sopravvivono all’inverno, solo le femmine fecondate superano i mesi freddi (in cavità nel terreno, negli alberi morti o nelle fessure tra muri a secco) e in primavera si risvegliano e iniziano a raccogliere nettare e polline. Tuttavia, con l’irrigidirsi degli inverni e le improvvise gelate anche in primavera, le regine faticano a superare la cattiva stagione. Se muore una regina, però, muoio anche le possibilità di riprodursi della nuova famiglia.

Gli impollinatori dipendono dalle abitudini dei vegetali; dallo scorrere delle stagioni, dalla fioritura delle piante, dalla disponibilità e competizione naturale per il polline e nettare. E noi stessi dipendiamo dal lavoro svolto a titolo gratuito dagli impollinatori. Dal loro lavoro dipende la nostra sussistenza economica, nel caso degli apicoltori, e la nostra sussistenza alimentare, nel caso della produzione agricola. I cambiamenti climatici stanno rendendo la vita parecchio difficile a tutti. Se la stagione dovesse essere troppo secca, i fiori non fioriscono o comunque producono meno nettare e polline, lasciando molti impollinatori a bocca asciutta. Le improvvise gelate a metà primavera, poi, distruggono la disponibilità di fiori e perciò di nettare. L’equilibrio naturale ci fa stare sul filo di un rasoio: le possibili combinazioni di guai e disastri sono molteplici. Tocca fare attenzione. Sarebbe quindi bene ricordarsi dell’importanza di questi insetti anche per la nostra sopravvivenza e sussistenza, soprattutto nella Giornata Mondiale delle Api, dove ape = apoidei. Per un Pianeta più pulito per tutti, impollinatori compresi.

PERCHÈ ADOTTARE ALVEARI POTREBBE ESSERE CONTROPRODUCENTE?

Le api allevate per uso produttivo possono diventare nemici competitori e mettere in pericolo altre specie di api selvatiche. L’ape domestica è in grado di metter su una forte competizione per la bottinatura. Se la disponibilità di nettare e polline in natura è 100, allora la nostra ape vorrà quel 100 e farà di tutto per ottenerlo. Introdurre alveari in maniera sconsiderata potrebbe limitare le capacità di reperire risorse vitali degli altri impollinatori presenti nella stessa area. Consideriamo poi che il business dell’adozione degli alveari giova prevalentemente al fornitore  di servizi e piattaforme web. Per mettere il proprio alveare in adozione, l’apicoltore dovrà obbligatoriamente acquistare l’attrezzatura fornitagli dalla piattaforma, spendendo all’incirca 500€. Questa apparecchiatura brevettata serve a monitorare la vita delle api all’interno dell’alveare, minimizzando le perdite. Solo attraverso l’acquisto, l’apicoltore potrà iscriversi alla piattaforma e mettere in adozione le proprie api, vendendo il miele. In che modo staremmo aiutando bombi e api selvatiche, esattamente? A mio avviso, si tratta di marketing verde selvaggio; si cavalca l’onda della disinformazione per generare profitti per sé. Per aiutare gli apicoltori dobbiamo intervenire sui cambiamenti climatici e sul nostro modo di produrre cibo, facendo agricoltura.

COME SI FA IL MIELE? ESISTE CRUDELTÀ NEI CONFRONTI DELL’ANIMALE?

Passiamo ad argomenti più felici, cercando di capire cosa sia il miele e se alle api domestiche venga rubato loro il frutto del loro lavoro, con spietata crudeltà. Le api bottinatrici raccolgono il nettare con la lìgula e lo trasportano fino all’alveare nella borsa melaria: una parte del loro cavo addominale, nella quale il nettare inizia a mescolarsi con gli enzimi dell’ape. Una volta arrivate a casa, le api iniziano a passarsi quella preziosa sostanza di lìgula in lìgula, trasformandola in materia meno liquida e ben più viscosa. Così è come ottengono (e perciò anche noi umani riceviamo) il miele, un prodotto dall’alta conservabilità, ricco di nutrienti zuccheri e povero di acqua. Chi dice che gli apicoltori rubano il miele alle api ha una visione parziale della situazione. In realtà, l’ape mellifera ha la caratteristica di produrre miele in quantità, come se la bella stagione non dovesse finire mai. Per questo motivo, le scorte di miele non sono commisurate alla dimensione della famiglia, ma alla dimensione dell’alveare. Più spazio c’è nell’alveare, più l’ape mellifera produce, cercandosi polline e nettare in lungo e in largo. Tuttavia, la famiglia non sarebbe mai in grado di consumare tutto quel cibo prodotto in un alveare da queste api iperattive e iper laboriose. Ecco quindi che il ruolo dell’apicoltore torna ben utile. Siamo quindi ben lontani da concepire le api come macchinari da impollinazione o come macchine da miele; qui in Italia poi non facciamo interventi in agricoltura con trattamenti a fiore aperto proprio per limitare le perdite tra le api bottinatrici e altri impollinatori. Riconosciamo e diamo il giusto valore a questi insetti straordinari, poiché responsabili di circa ⅔ del cibo che mangiamo.

Titoli da quarantena: 4 libri sul mondo delle api

Titoli da quarantena: 4 libri sul mondo delle api

Questa interminabile quarantena è un po’ come la mano nel film di Verdone: “può esse fero o può esse piuma”. Dipende tutto da come sfruttiamo la quantità di tempo che ora abbiamo a nostra disposizione. Personalmente, non avendo lezioni telematiche, bambini da accudire o lavori da seguire (bello il mondo delle partite IVA in isolamento fiduciario) mi ritrovo tra le mani del tempo, TANTO tempo.

Occhio: non mi sto lamentando. Anzi, tutt’altro. Sono conscia della fortuna che ho: passare l’isolamento al calduccio di casa, con ogni comfort e senza troppe preoccupazioni (first world problems, si intende).

Bando quindi alle ciance. Come sfruttare in maniera formativa questa quarantena?

Ci dicono che “senza api, il mondo finirebbe nel giro di quattro anni”. Ma perché dipendiamo da un esserino così piccolo e (solo) apparentemente insignificante? Cerchiamo di capirlo. Eccovi una lista di libri per evadere la quarantena, perlomeno con la mente, e comprendere il vitale intreccio tra uomo, natura ed api.

  1. LA STORIA DELLE API – Maja Lunde

Non fatevi ingannare dal titolo; questo non è un saggio, bensì un romanzo, che oserei definire semi-distopico. Un viaggio tra passato, presente e futuro per comprendere quanto il destino dell’uomo dipenda dalla sua armonia con la Terra.

Maja Lunde, autrice norvegese, immagina un mondo senza api. Corre l’anno 2098. Tao, una giovanissima madre si arrampica sui rami del frutteto vicino casa. Le api non ci sono più: come tutti gli altri impollinatori, si sono estinte. Per poter mangiare, la Cina ha predisposto squadre di giovani donne, tra cui la stessa Tao, per occuparsi dell’impollinazione manuale di alberi e piante. Un lavoro eterno, estremamente stancante, ma necessario per fronteggiare l’insicurezza alimentare. Davvero dobbiamo arrivare fino a questo punto?

2. IL MONDO DELLE API E DEL MIELE – Cinzia Scaffidi

Tutto, ma proprio tutto, sul mondo delle api. Forse io sono di parte, ma trovo questi piccoli insetti davvero straordinari. L’organizzazione sociale dell’alveare, di cui ancora non conosciamo tutto, ed i suoi segreti sono narrati in prima persona in questo testo. Non è scende troppo nello specifico, ma rappresenta un’unione valida di menti sul tema.

Il rispetto della natura passa anche attraverso la comprensione del ruolo fondamentale svolto dalle api, piccole sentinelle e bioindicatori dell’ambiente che ci circonda. Senza di loro non avremmo il miele, certo. Tuttavia, l’impollinazione condotta da questi insetti ci permette cose ben più importanti: mangiare, respirare e vivere.

3. INSEGNANDO S’IMPARA: MANUALE DI APICOLTURA PER EDUCATORI – Giordana Armati

Lo so, dal titolo uno potrebbe dire “ma che è ‘sta roba?”. Vi fermo subito. Questo breve testo è in realtà una gran figata. Me lo sono studiato per tenere un talk “divulgativo” da Eataly, per famiglie e bambini questo Aprile (anche se a questo punto, dubito si terrà mai davvero).

Mi sento di consigliarlo a chi, non potendo dedicarsi ad un corso formativo sul campo, vuole comunque approfondire il mondo assai complesso dell’apicoltura. Com’è morfologicamente struttura un’ape? Per quanto tempo vive? Come si riproduce? Cos’è il miele? Perché insegnare l’apicoltura? E, sopratutto, come proteggere le api?

Semplice, diretto e facilmente comprensibile.

4. L’APICOLTORE DI ALEPPO – Christy Lefteri

Avevo bisogno di piangere in questa quarantena; di riversare su una storia, che non fosse strettamente la mia, tutte le lacrime che avevo in corpo. Questo libro mi è stato consigliato da una ragazza, che non smetterò mai davvero di ringraziare. Era ciò di cui avevo bisogno, ma ancora non lo sapevo.

“L’apicoltore di Aleppo” è stato un caso editoriale del 2019. Un romanzo certamente commovente, dilaniante per certi versi. Ti arriva con tutta la sua dolcezza (tipica del miele) e potenza (tipica delle api). La storia è quella di un viaggio insidioso e lungo, che ha inizio in Siria con lo scoppio della guerra e termina in Inghilterra del Sud, in un quartiere davvero poco residenziale. La tormentata e coraggiosa vita di Nuri, un apicoltore di Aleppo, che si racconta in meno di 300 pagine. Alla fine della lettura ho capito che, nella vita, l’unica cosa a differenziarci e separarci davvero è esclusivamente il privilegio. Siamo solo essere umani che hanno avuto la fortuna di nascere in un luogo dove non ci cadono continuamente bombe sulla testa.

Disclaimer: tutti i testi sono disponibili in formato eBook. Questo vuol dire che non siete stati da me autorizzati a lasciare il vostro domicilio per acquistarne anche uno solo. STATT ACCORT e STATT A CASA.

Photo credits: @hannahhoneycomb – apicoltrice americana che ha tutta la mia stima