Sapete che le uova ci parlano? Questo fatto strabiliante ha avuto inizio nel 2005, grazie al Regolamento CE 2295 del 2003 che ne ha reso obbligatoria per legge la timbratura del guscio. Questi numeri colorati – o meglio, codici alfanumerici – (generalmente rossi o verdi) ci permettono di capire molto sulle uova che acquistiamo e consumiamo ogni giorno.
Innanzitutto, la provenienza, ma anche il tipo di produzione. Sì, perché non tutte le uova sono uguali e non tutte le galline vivono allo stesso modo.
Facciamo un po’ di chiarezza.
Le uova presentano appunto un codice sul loro guscio – ad esempio, l’uovo che ho comprato ieri, al supermercato dietro casa mia, presenta la scritta “0 IT 009 FO 290”.
Le due cose più importanti sono il primo numerino e le due lettere subito dopo (nel mio caso 0 IT), che fanno proprio riferimento al luogo ed al tipo di produzione di quel specifico uovo che ho in mano.
– 0: il magico numero, quello a cui dovremmo aspirare tutti. Indica l’ALLEVAMENTO BIOLOGICO – ovvero un sistema produttivo che vede le galline stare all’aperto per alcune ore al giorno, circondate dalla vegetazione viva. In questo caso il benessere animale è più rispettato poiché le norme prevedono lo stanziare una 1 gallina ogni 10 metri quadrati!
– 1: ALLEVAMENTO ALL’APERTO, ovvero galline che possono razzolare un po’ all’aperto ed un po’ al chiuso, con 1 gallina per ogni 2,5 metri quadrati – allevate in maniera comunque sempre intensiva, con mangimi non biologici. Per ogni ettaro a cielo aperto possono essere tenuti un massimo di 2.500 galline ovaiole: una superficie per singolo animale che tocca i 4 m².
– 2: ALLEVAMENTO A TERRA, che vuol dire tutto e niente, nonostante il nome della tipologia di allevamento ci faccia pensare a una prateria di galline ovaiole scorrazzanti o al pollaio di nostra nonna. Le galline stanno sempre in capannone, non vedono l’esterno e troviamo fino a 9 galline per metro quadrato. Possono esprimere pochi movimenti e comportamenti naturali, ma perlomeno la legge impone che il pavimento del pollaio sia cosparso per almeno un terzo della sua superficie di granaglie per di beccare e “razzolare”.
– 3: L’inferno me lo immagino così: ALLEVAMENTO IN GABBIA, con 13 galline per metro quadrato, al chiuso, senza MAI vedere la luce del sole; queste depositano le uova su un nastro trasportatore. Chiaramente, questo genere di allevamento prevede l’impiego di luce artificiale, utilizzata a cicli e non in continuo, in modo tale che gli animali possano riposare dopo ogni periodo di “attività”. Vivono su un pavimento costituito da una griglia, con zero vegetazione viva. Dato allarmante: questo genere di allevamento rappresenta il 62% del settore.
La frustrazione per il non poter razzolare causa comportamenti ossessivi ed aggressivi negli animali, i quali finiscono per lesionare se stessi o altre galline. Per ridurre tale evenienza, nel tempo si è giunti ad impiegare la pratica del debeccaggio: si taglia via fino a un terzo del becco, in Europa, e lo si effettua con una lama arroventata o un fascio a infrarossi. Tuttavia, il becco è un organo complesso; contiene nervi e recettori, perciò il debecaggio non è sicuramente indolore e può lasciare ferite aperte e sanguinolente.
Inutile dirvi che i danni fisici e mentali agli animali sono notevoli, ma questi influiscono anche sulla qualità stessa del prodotto – le galline producono tante uova, ma dallo scarso valore nutrizionale.
Allora, quanto conoscete le vostre uova?